Infinite Jest di David Foster Wallace

Libri divertenti: David Foster Wallace, Infinite Jest. Capolavoro, tra i romanzi da leggere assolutamente

Infinite Jest | David Foster Wallace | Einaudi

Infinite Jest rimane un abbagliante raggio di luce e un tentacolare saggio filosofico su quanto i modelli culturali possano essere una collettiva esperienza lisergica.

«Alas, poor Yorick! I knew him, Horatio: a fellow of infinite jest».

William Shakespepare, Amleto

In questo libro David Foster Wallace sembra sublimare la sua esperienza: una specie di catabasi in una società ipertimica che lo ha spinto dalla necessità di emergere all’emergenza di esistere (un termine latino, «existere», che significa anche uscire fuori, distinguersi da).

Wallace scrive con un linguaggio elaborato, lessicalmente ricco; offre punti di vista platealmente originali, di un’intelligenza seducente, di un’indomita alterità. Un libro di spettri (lo spettro del padre di Hal Incandenza, ma il titolo richiama anche una frase che Amleto dice a Orazio su Yorick, il buffone: «Alas, poor Yorick! I knew him, Horatio: a fellow of infinite jest»). La storia è un viaggio nella liturgia onanistica di una civiltà, quella nordamericana, che nel testo diventa appunto la federazione O.N.A.N..

La trama ruota intorno a personaggi indimenticabili e a un misterioso film chiamato «l’Intrattenimento» che porta prima all’assuefazione e poi alla morte.

Il confronto tra l’inadatto Mario e il coach Schtitt di cultura Europea – nietzcheana, ma universalistica – diventa così prezioso. Dice Schtitt: «È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è così, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all’infinito».

Valutazione

TRAMA

PERSONAGGI

DALOGHI

TEMA MORALE

LINGUA E STILE

FACILITÀ DI LETTURA

COINVOLGIMENTO

«Ma vado oltre la meccanica. Non sono una macchina. Sento e credo. Ho opinioni. Alcune sono interessanti. Se me lo lasciaste fare, potrei parlare senza smettere mai. Parliamo pure, di qualunque cosa. Credo che l’influenza di Kierkegaard su Camus venga sottovalutata. Credo che Dennis Gabor potrebbe benissimo essere stato l’Anticristo. Credo che Hobbes non sia altro che Rousseau in uno specchio oscuro. Credo, con Hegel, che la trascendenza sia assorbimento. Potrei mettervi sotto il tavolo, signori», dico. «Non sono solo un creātus, non sono stato prodotto, allenato, generato per una sola funzione».

David Foster Wallace, Infinite Jest

Infinite Jest: i modelli culturali come allucinazione collettiva?

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Le correzioni | Jonathan Franzen | Einaudi

Silvia Preschi traduce uno degli incipit migliori di sempre:

«Un fronte freddo autunnale arrivava rabbioso dalla prateria. Qualcosa di orribile stava per accadere, lo si sentiva nell’aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. Raffiche su raffiche di entropia. Alberi irrequieti, temperature in diminuzione, l’intera religione settentrionale delle cose era giunta al termine».

Signore e signori, ecco a voi Jonathan Franzen.

Con «Le correzioni» ha vinto il National Book Award e il James Tait Black Memorial Prize. In una più sobria rivolta – lontana dal “realismo isterico” e dal riciclo del postmodernismo – ci regala una storia intensa, non moralista, più vicina alle imperdonabili debolezze umane, in una società inconsapevole e frenetica, un’esplosione di cosciente ispirazione.

La gestione encomiabile di scene in contesti reali, con dialoghi rizomatici, sprigiona il commovente piacere per le piccole ossessioni. L’equilibrio lessicale si pone in un’area di confine, che precede la letterarietà del testo, con pochi lemmi precisi a impreziosire la prosa. La scelta dei momenti descritti è ferocemente tenera, le descrizioni hanno la giusta misura di dettagli e poche, perfette metafore.

La famiglia Lambert si riunisce per Natale e da qui inizia la filogenesi. Ogni personaggio è, a suo modo, poco meno di un eroe, poco più di una persona. L’«ansia di correzione» è il leitmotiv della famiglia poiché Enid (la madre) è da sempre un’instancabile manipolatrice, nel tentativo di piegare l’universo alla sua mercé.

Il figlio Chip, è uno scrittore, tra “crème fraiche” all’acetosella e una montagna di seni, docente espulso per comportamento licenzioso. Denise, la sorella, chef di successo, deve redimersi da un divorzio conseguenza della sua omosessualità. Gary è un uomo d’affari nevrotico.

L’intelligenza di Franzen è vertiginosa e lucida e, come accade in questi casi, la realtà che si specchia in essa, si può ammirare in tutta la sua deformità.

Valutazione

TRAMA

PERSONAGGI

DALOGHI

TEMA MORALE

LINGUA E STILE

FACILITÀ DI LETTURA

COINVOLGIMENTO

«Sto dicendo che l’intera struttura culturale è allo sbando, – disse Chip. – Sto dicendo che la burocrazia si è arrogata il diritto di definire certi stati mentali come «malati». Lo scarso desiderio di spendere denaro diventa il sintomo di una malattia che richiede cure costose».

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